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Ugo Guidi: la produzione giovanile e le prime opere - di Federico Giannini

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Fuori dall’ambito fascista, ma totalmente all’interno dell’ambito accademico si colloca il “San Giovannino” del 1937, un’opera che, sebbene piuttosto conosciuta (e quindi un po’ fuori dagli intenti di questo mio scritto il cui obiettivo è quello di render note le opere meno famose di Guidi), è molto importante per analizzare l’evoluzione delle capacità artistiche di Guidi. Il “San Giovannino” era la scultura che Guidi realizzò per partecipare al premio “Stéphane Dervillé”, un concorso di scultura a cadenza biennale.
Testa Dervillé, un importante uomo d’affari e politico francese, possedeva alcune cave a Carrara, e, dal momento che era appassionato d’arte e di scultura in particolare, e poiché il suo marmo finiva agli studenti dell’Accademia, decise di istituire un premio che portasse il suo nome. Il concorso del 1937 venne vinto da Ugo Guidi, all’epoca venticinquenne, dopo un verdetto unanime della giuria, all’interno della quale figuravano importanti personalità artistiche del tempo tra cui anche Arturo Dazzi. Con il “San Giovannino” Guidi dimostra di aver recepito appieno la lezione accademica e di saper lavorare ormai con disinvoltura il marmo: se le opere realizzate per i Littoriali potevano mostrare una tecnica ancora un po’ impacciata e da raffinare, la scultura che vinse il premio Dervillé ostentava invece quanto di meglio l’artista aveva assimilato durante gli anni trascorsi sotto la guida di Dazzi.
Ritratto di uomo Sulla stessa “lunghezza d’onda” del “San Giovannino” si colloca il “Giovinetto” del 1938, altra opera prodotta sotto il regime: raffigura un giovane balilla, scolpito a torso nudo con il caratteristico fez nella mano destra. Si tratta di un’opera del tutto simile al “San Giovannino”, ma è cambiato qualcosa: il bambino raffigurato nel 1937 esprimeva mansuetudine e mitezza, colto nella sua completa nudità e nella sua espressione trasognata, mentre quello del 1938 perde un po’ di questa aria infantile, con il suo sguardo fisso in avanti e la sua posa a testa alta. Ma qua non si tratta di esaltazione del regime, piuttosto di denuncia nei confronti di una realtà che si appropria dei bambini per forgiarli fin da piccoli secondo i suoi ideali, conoscendo l’attaccamento che Guidi ha sempre nutrito nei confronti dei bambini.
Durante gli anni Quaranta, Guidi dovette affrontare il servizio di leva, e si può immaginare quanto potesse essere faticoso in quei tempi. Tuttavia ebbe il tempo per portare a termine alcune opere, tra cui un disegno in cui raffigura il ritratto di un uomo. Siamo di fronte a uno dei primi disegni dello scultore: il tratto è quello veloce e sbrigativo di uno scultore, che delinea soltanto i particolari che possono essere utili per trasferire il disegno sulle tre dimensioni dell’arte plastica. I contorni non sono ben definiti, e il chiaroscuro non è certo quello di un pittore o di un disegnatore: un disegno senza troppe pretese, anche perché negli anni successivi tutte le realizzazioni su carta dello scultore prenderanno una “piega” diversa, cercando più l’interpretazione personale del soggetto che la resa realistica dei volumi.


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Prima fotografia: la "Testa" vincitrice del premio Gariboldi di Viareggio
Seconda fotografia: "Ritratto di uomo"


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